Lo spettacolo Magazzino 18, scritto e interpretato da Simone Cristicchi e diretto da Antonio Calenda, è un’opera teatrale che affronta con delicatezza e profondità una delle pagine più complesse e dolorose della storia italiana: l’esodo giuliano-dalmata e la tragedia delle foibe. Portato in scena al Piccolo Teatro di Milano, lo spettacolo si trasforma in un viaggio emozionante nella memoria collettiva, facendo riflettere lo spettatore sull’importanza del ricordo e dell’identità.

L’ambientazione scenica dello spettacolo è dominata dalla rappresentazione del Magazzino 18, un luogo reale situato nel Porto Vecchio di Trieste, dove sono custoditi i beni abbandonati dagli esuli istriani, fiumani e dalmati costretti a lasciare le loro terre d’origine dopo la Seconda Guerra Mondiale. La scenografia è essenziale ma evocativa: vecchi mobili, valigie e suppellettili accatastati in disordine, quasi a voler rappresentare la frammentazione delle vite spezzate.

Ogni oggetto sul palco racconta una storia: una sedia, un letto, un libro — tutto diventa simbolo di vite abbandonate e interrotte, immerse in un’atmosfera polverosa che suggerisce un lungo silenzio. La scenografia, curata da Paolo Giovanazzi, diventa così una presenza viva, che dialoga costantemente con le parole di Cristicchi.

Simone Cristicchi dimostra ancora una volta di essere non solo un abile cantautore, ma anche un intenso narratore e attore teatrale. Con un linguaggio semplice e diretto, Cristicchi guida il pubblico attraverso un racconto che alterna momenti di narrazione storica a frammenti di vita quotidiana, facendo emergere l’umanità e la sofferenza degli esuli.

Cristicchi dà voce a una moltitudine di personaggi: dal direttore del magazzino, custode involontario di ricordi altrui, ai protagonisti di storie vere che emergono dagli oggetti accumulati. Ogni voce, ogni gesto è carico di emozione, senza mai cadere nella retorica. Il suo racconto è una continua oscillazione tra il passato e il presente, tra il pubblico e il privato, tra il personale e il collettivo.

Le musiche originali, eseguite dallo stesso Cristicchi, contribuiscono a creare un’atmosfera coinvolgente e malinconica. I brani, ora struggenti ora ironici, accompagnano il pubblico in un viaggio fatto di ricordi e speranze, amplificando la portata emotiva della narrazione.

La regia di Antonio Calenda riesce a mantenere un equilibrio delicato tra il teatro documentario e l’interpretazione emotiva. Le parole e la musica si fondono con le immagini e gli oggetti, creando una narrazione che è insieme cronaca e poesia. Calenda costruisce una regia essenziale, che lascia spazio all’attore e alla storia, senza sovraccaricare di elementi visivi o effetti scenici. È una scelta di grande sensibilità, che permette alla potenza delle testimonianze di emergere con forza.

Il ritmo dello spettacolo è ben calibrato, alternando momenti più narrativi a pause di riflessione, in cui il silenzio e l’assenza di azione diventano parte integrante del racconto. L’uso delle luci è funzionale a sottolineare i diversi piani narrativi: luci fredde e dirette per i momenti storici e documentaristici, toni più caldi e soffusi per le storie personali e intime.

Magazzino 18 è uno spettacolo che non si limita a raccontare fatti storici, ma invita lo spettatore a riflettere sulle conseguenze umane delle grandi tragedie. La storia degli esuli istriani, fiumani e dalmati viene narrata con rispetto e onestà, senza cadere in facili semplificazioni. Cristicchi e Calenda riescono a far emergere la complessità del dramma, mettendo in luce la sofferenza e la dignità di chi ha dovuto lasciare tutto e ricostruirsi altrove.

Lo spettacolo offre anche una riflessione più ampia sulla memoria e sull’oblio. Ogni oggetto del Magazzino 18 rappresenta un pezzo di storia che rischia di essere dimenticato, una memoria che deve essere recuperata e condivisa. In questo senso, Magazzino 18 non è solo un racconto di ciò che è accaduto, ma anche un monito a ricordare e a custodire le storie degli ultimi e degli sconfitti.

Magazzino 18 è molto più di uno spettacolo teatrale: è un atto di memoria, un omaggio a chi è stato costretto a partire e a chi è rimasto, un invito a non dimenticare mai il valore delle storie personali all’interno della grande Storia. Simone Cristicchi, con la sua intensità e sensibilità, e la regia misurata di Antonio Calenda, hanno creato un’opera capace di toccare corde profonde, trasformando il teatro in un luogo di riflessione e di confronto con il passato.

Lo spettacolo si conferma un’esperienza coinvolgente e toccante, che merita di essere vissuta da tutti coloro che vogliono capire meglio il significato di parole come “identità”, “appartenenza” e “memoria”.

Alberto Raimondi