Recital di Matthias Goerne al Teatro alla Scala

Il baritono tedesco ha aperto la stagione dei Recital di canto con il ciclo liederistico schubertiano Winterreise

Di Giancarlo Landini

Matthias Goerne apre la stagione scaligera dei Recital di canto. Lo accompagna il pianista norvegese Leif Ove Andsnes. Il programma previsto comprendeva pagine di Robert Schumann, tra cui il Liederkreis op. 24 e le Zwölf Gedichte op. 35. Il giorno prima del concerto Goerne lo ha cambiato e ha eseguito il Viaggio d’inverno, Winterreise op. 89 D 911 di Franz Schubert. La parziale delusione è compensata dalla scelta di un’opera, il Viaggio d’inverno, che rimane una delle pagine più alte della produzione liederistica. Grande musica insomma. Di quella che non ci si stanca mai di ascoltare,

In questo ultimi decenni Goerne ne è interprete di riferimento, come ben testimoniano sia l’incisione realizzata nel 2003 con Alfred Brendel al pianoforte che quella del 2014, accompagnato da Christoph Eschenbach. Ma ascoltarlo dal vivo è un’esperienza ben più coinvolgente. Il canto si completa con la figura. La corporatura massiccia, l’abito sobrio, ma quasi dismesso, si potrebbe dire, impiegatizio, lo sguardo acceso, espressivo, ma anche stupefatto e stralunato, incorniciato da folte basette, creano colpiscono e creano un forte impatto. Goerne accompagna la parola con una gestualità che in qualche modo infrange la regola antica di un’esecuzione concertistica impassibile e congelata dentro un abito di gala, smoking o frac, che siano. Al contrario gesticola, si muove verso il pianoforte, si abbassa verso la cassa armonica, sembra quasi che vi si voglia nascondere, si accende, si erge, poi si annichilisce. Sempre assorto, come dentro un sogno. In viaggio, lungo un cammino che lui solo vede. Assistiamo ad una sorte di esecuzione (mi permetto di forzare il concetto) semi-scenica,  di cui il protagonista è la “figura intirizzita” che l’”uomo dell’organetto” conduce al cimitero e che nel primo dei Lied, il memorabile “Gute nacht” ha chiuso la lirica con uno sconvolgente addio alla donna amata: “passando ti scriverò/sull’uscio: Buona notte/Così avrai la prova/che io t’ho pensato.” Questo uomo intirizzito dal gelo dell’inverno, dipinto nel ciclo di liriche di Wilhelm Müller, è un Wanderer che preannuncia Wozzeck, di cui Goerne è interprete di alto pregio.

Il suo canto è al servizio di questa interpretazione. La sorregge con un ventaglio di sonorità diverse: quelle scure di un registro di baritono capace anche dei colori di un basso, quelle dolci, carezzevoli, virilmente raccolte, usate, ad es., per intonare l’incipit di “Der Lindenbaum”, o ancora i suoni bianchi in cui spesso sfocia la voce; suoni indefinibili eppure vibranti, volti a caricare le pagine di un che di straniante. C’è poi il fraseggio ora serrato ora declamatorio ora sostenuto da un bel legato ed ora franto. Lo sforzo si distribuisce sull’intero arco dei 24 Lieder, alla cui coerenza concorre a pieno titolo il pianoforte di Leif Ove Andsnes: sobrio, severo, eppure così capace di abbandono melodico, di conferire evidenza alla funzione drammatica delle cellule tematiche e degli accompagnamenti in un continuo cangiare di piani sonori.

Successo vivissimo.

3 dicembre 2019

Il baritono Matthias Goerne